domenica 6 maggio 2012

Sono una mamma teenager e non lo sapevo


La scorsa settimana tre persone che non conoscevo e con cui scambiavo due chiacchiere a tempo perso – il barista, una collega in seduta di laurea e una commessa –, quando mi hanno sentito dire che ho una figlia, hanno sgranato gli occhi e commentato “Ma sei già mamma?”.
Ora. Io ho trentadue anni. Mi lusinga l’idea di dimostrarne di meno, ma, come dire, si vede che sono ampiamente maggiorenne. Anzi, sono in quella lunga, sottile linea d’ombra in cui nel giro di 5 minuti qualcuno mi chiama signora e qualcun altro mi definisce “quella ragazza”.
Quindi, il loro stupore mi ha stupito. Perché ha fatto tanto effetto? Avranno pensato che sono una ragazza madre? Poi ci ho pensato un po', e ho capito.

Il barista lavora vicino all’Università, vede tanti professori e sa come funziona il mondo accademico, quali sono i tempi e le difficoltà di avere un posto non precario lì dentro.
Infatti la mia collega, subito dopo aver saputo che ho una figlia mi ha chiesto “ Ma sei ricercatrice?” (Versione accademica di “hai il posto fisso?”).
 La risposta è no. Sono precaria, ho la data di scadenza come i formaggini. Esattamente come questa collega, qualche anno più grande di me,che ha un fidanzato a 1000 km con cui rimanda la convivenza perché “aspetta di sistemarsi”. Lungi da me giudicare eh. Dico solo che nel mio ambiente la normalità è questa, aspettare “il posto” e nel frattempo stare in standby. Io forse sono stata un po’ incosciente ad avere una figlia con la sola tutela del congedo obbligatorio retribuito dall’INPS (se vi dico la somma vi mettete a ridere) , lo stipendio di Marito e la paghetta una tantum dell’Università . E sono molto felice di non aver aspettato. 
Perché la vita è una sola, perché la gioia di avere una bambina vispa e bella e affettuosa (e che dorme seduta, ma questa è un’altra storia) per me non è paragonabile a nessun fetentissimo posto accademico.

Perché secondo me mi porta pure bene, la mia bambina, visto che dopo averla avuta ho inaspettatamente migliorato la mia condizione lavorativa  - sempre precaria, ma pagata il doppio per fare le stesse cose - .

 Perché anche se capita di avere in una giornata più ore di lezione che di sonno poi mi sento chiamare mamma e mi sciolgo come una pera cotta perché nessun “caaarissssima” o “professoreeeeessa” regge il confronto. Perché da quando c’è lei vado in quel simpatico nido di vipere che è il mio dipartimento con leggerezza, perché mi sento una marcia in più.

Quindi, caro barista, caaarissssima collega, mi dispiace che vi stupiate di una – giovanile, intendiamoci   –  trentaduenne con prole, perché vuol dire che nel nostro sistema c’è qualcosa che non va. Vi auguro di stupirivi per cose per cui vale davvero la pena: il successo di Fabio Volo, il ritorno del frisé, le polpette di renna.
Quanto a te invece, commessa che ti stupisci che io abbia una figlia: certo che con questo tatto ne farai di carriera alla Prenatal dove ti ho incontrato.